Alessandria si conferma purtroppo, con Asti e Cuneo (ma anche Torino e soprattutto Genova), terra di agromafia e sfruttamento.
Dai dati emersi dal quinto rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità in agricoltura, tra le 106 province italiane, il nord del Paese entra nei primi posto della classifica, relativa all’intensità dell’agromafia, con Genova e Verona rispettivamente al secondo ed al terzo posto. Il Piemonte occupa con Torino e Cuneo il ventisettesimo ed il ventottesimo scalino, con Alessandria al quarantaduesimo posto (terza in Piemonte).
Se ancora qualcuno si mostrasse stupito di questi dati una ulteriore conferma è arrivata dall’operazione congiunta, di Carabinieri e Ispettorato del Lavoro di Alessandria e Asti, che ha portato allo smantellamento di una banda che da Alessandria coordinava lo sfruttamento di decine di braccianti in tutto il basso Piemonte. Destinazione: i vigneti DOC dell’Astigiano e del Cuneese.
Sessanta carabinieri del comando provinciale di Alessandria, con venti colleghi del reggimento “Piemonte” di Moncalieri, a supporto degli ispettori del lavoro, hanno smascherato una banda di “caporali” che, da Alessandria, smistava decine di braccianti in aziende agricole di Asti e Cuneo. Individuati 52 lavoratori, di cui 42 senza contratto, gestiti da un’agenzia di intermediazione con sede in via Campi, nel quartiere Cristo di Alessandria.
I lavoratori erano condotti nelle vigne a bordo di sei auto individuate dai carabinieri e ora tutte sotto sequestro. La paga era di 5 euro l’ora per un totale di 9 ore al giorno: profughi, richiedenti asilo ma anche italiani. Forbici guanti e stivali a spese loro. Molto interessanti a questo proposito le dichiarazioni del direttore dell’Ispettorato del Lavoro Alessandria-Asti Sergio Fossati ed al Capitano Claudio Sanzò, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Alessandria in merito all’operazione congiunta del 18 giugno scorso. Vedi qui le interviste video su RadioGold
Alessandria come Rosarno? Secondo l’edizione torinese de La Repubblica si direbbe di sì (vedi articolo)
Ma al di là dei titoli giornalistici, resta la questione ancora tutta da metabolizzare (Istituzioni, Categorie e Sindacati in primis) della oramai consolidata realtà del caporalato al Nord. Sono ormai passati anni dal primo episodio eclatante di Castelnuovo Scrivia. Sarebbe ora di finirla con la retorica del fenomeno confinato al sud e iniziare a creare la dovuta consapevolezza ed i necessari anticorpi. In ogni caso da oggi sarà ancor più difficile fingersi stupiti di una situazione paramafiosa che si è ormai radicata da anni anche qui nel profondo nord e che merita la dovuta reazione dello Stato, cittadini compresi.
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