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Riaperte le attività di Libera Alessandria, con Rosy Bindi e Antonello Ardituro

11904735_1621442151444030_6429667013487864605_nIl 17 settembre 2015 si è riunito il coordinamento provinciale di Libera Alessandria per la riapertura del nuovo anno sociale. Non poteva esserci occasione migliore che la serata promossa da Associazione Cultura e Sviluppo e dal Comitato per la Difesa della Costituzione di Alessandria, con il suo sempre propositivo presidente Renato Balduzzi (già membro del C.S.M.), a cui vanno il nostro ringraziamento ed i complimenti per la riuscitissima serata. Meglio di così non si poteva cominciare! E adesso avanti: beni confiscati, caporalato, nuove povertà, gioco d’azzardo, mafie al nord, i temi su cui quest’anno concentreremo maggiormente le nostre forze.

 

Il resoconto della serata redatto da Alessandro Francini – redazione@alessandrianews.it

ALESSANDRIA – “Il mio grande desiderio da ministro del Governo Ciampi era che il primo giorno di scuola, in tutti gli istituti italiani, fosse tenuta una lezione sulla mafia”, dichiara il magistrato Fernanda Contri durante il convegno “Lo Stato non ha vinto – Riflessione sulla criminalità organizzata in Italia” che ha avuto luogo giovedì sera nella sede dell’associazione Cultura e Sviluppo. Di mafie e di camorra si è parlato nel primo appuntamento della nuova stagione dei Giovedì Culturali promossi dall’associazione alessandrina, ospiti della serata il magistrato Antonello Ardituro, autore del libro “Lo Stato non ha vinto – La camorra oltre i casalesi”, il presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria Mario D’Onofrio, in veste di moderatore Renato Balduzzi, costituzionalista e membro del Consiglio Superiore della Magistratura.

I soldi non hanno confini territoriali, – afferma Ardituro – quindi è importante che si porti una testimonianza sulla criminalità organizzata anche in quei territori lontani dalle terre di mafia e di camorra, dove però proliferano gli affari dei boss e delle cosche. Farlo tra 10 o 15 anni potrebbe essere troppo tardi”. La lotta alla criminalità come priorità dello Stato, una lotta che non si mette in atto solo con le forze di polizia e con la magistratura, ma che deve partire dalla coscienza del singolo cittadino, dai suoi atteggiamenti e consuetudini verso le istituzioni e la legalità.

In Italia, è innegabile, vige una latente quanto subdola tolleranza verso i fenomeni corruttivi, un cancro apparentemente inestirpabile che favorisce e rafforza gli interessi e la supremazia delle organizzazioni mafiose sul territorio. “Gran parte della responsabilità” spiega Ardituro a tale proposito “ricade sulla cosiddetta borghesia, quell’ampio ceto di mezzo di cui fa parte la classe dirigente di una società, composta da professionisti, imprenditori, politici, che ritiene la mafia “cosa loro”, con cui fare affare all’occorrenza per avere ricadute positive sulle proprie questioni personali, economiche o di qualsiasi altra natura possano essere”.

Un certo tipo di cultura dell’illegalità, quindi, più forte e più radicata in determinate zone e regioni d’Italia rispetto ad altre. Lo stesso presidente della Commissione anitmafia Rosy Bindi proprio pochi giorni fa è stato al centro di una polemica innescata dalla frase riferita alla realtà napoletana, una città in cui la camorra sarebbe certamente interpretabile come “un fatto costitutivo”. “Che la camorra sia parte integrante delle storia di quella città mi sembra ormai un’ovvietà. Una persona non può essere attaccata – sostiene la Bindi – perché dice una cosa ovvia. Può essere derisa, semmai, o presa poco sul serio, ma non attaccata. Con quella frase non volevo certo intendere che tutti i napoletani sono collusi con la camorra”.

L’ex presidente del Partito Democratico denuncia poi il clientelismo assai diffuso in una parte della politica italiana, sostenendo che “la politica clientelare abitua al sistema mafioso e ad essere interlocutori delle organizzazioni criminali, questo è un modo di fare politica che certamente non ha confini. La politica che risolve il caso personale ignorando il problema generale è però sentita più prossima, più vicina”. Anche per questo motivo, quindi, sono gli stessi cittadini ad essere chiamati “ad un senso di responsabilità e di consapevolezza”. Significativa la citazione con cui Ardituro chiude il suo intervento: “Gesualdo Bufalino diceva che la mafia si può vincere con un esercito di maestri elementari, non con un esercito di poliziotti e carabinieri”.

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